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... Com´era bella San Severino ... prima del 1995 ...

Articolo scritto il 16 Giugno 2017 nella sezione " … Cogito "


Come era bella San Severino prima
del 1995 …
Come era bella San Severino prima del 1995 …
Domenica scorsa ci si è liberati di lui. Sospiri di sollievo in ogni angolo per la fine dell’incubo, della inciviltà.
Qualcuno, più perspicace, ha parlato addirittura di tirannia. Ma tant’è!

Tutti a parlare di degrado e di declino, di una insopprimibile necessità di mandare a casa l’incapace. San Severino, un paese smarrito, preda di una decadenza culturale e civile i cui sintomi si manifestarono fin dai primi giorni del suo insediamento. Una malattia rimasta sotto traccia per oltre vent’anni, fino alla sua patogena, inevitabile comparsa avvenuta da qualche tempo a questa parte. E sì, perché era proprio bella San Severino prima del 1995 …. Proviamo a ricordarcene …. Non c’era la delinquenza, di camorra manco l’ombra. Boss e manutengoli? Merce rara. Nessuna guerra tra bande, nessun morto ammazzato e trovato riverso senza vita sul selciato. Niente di tutto questo. La gente leggeva tanto, sempre china sui libri: niente soap operas, reality show e televisione spazzatura. Andava di moda Aristotele e la seconda lingua utilizzata non era il dialetto ma il latino dei Padri. Nelle case si ascoltava soltanto musica dodecafonica. I ragazzotti in erba non mostravano i bicipiti, dediti com’erano ad opere di bene. Le pulzelle non mostravano il seno ma il coseno e al posto delle cosce ostentavano nozioni di ingegneria genetica e di filologia romanza. Tutti erano assorti ed intenti al lavoro, all’impegno, alla passione civica, a fare sempre meglio. Il Castello dei Sanseverino era tenuto come un gingillo, un richiamo turistico di levatura nazionale, meta di turisti da tutto il mondo. Il patrimonio artistico e culturale del Capoluogo e delle contrade valorizzato al massimo, biblioteche aperte in ogni dove. Piscine comunali disponibili ad ognuno per buona parte del giorno, parchi gioco modello, palazzetti dello sport a iosa, campi sportivi con manti erbosi sintetici di ultima generazione dappertutto. Le tasse rendevano davvero confortevole la vita, i servizi funzionavano una meraviglia, le scuole e l’Ospedale erano un modello per l’intera Provincia di Salerno. I contenziosi con la Pubblica Amministrazione erano di rapida definizione, la gente si abbracciava per strada ed era tutto un profluvio di solidarietà. Non c’era traffico e si osservavano le regole, non c’erano ladri, persone arroganti e prevaricazioni di nessun tipo, ne si litigava in strada o fra le quattro mura. Le donne erano molto carine, i figli sprizzavano salute da tutti i pori, i nipoti erano rispettosi, le coppie non si separavano, gli evasori non esistevano. La gente faceva a gara a pagare le tasse, ogni imposta comunale era accettata col sorriso sulle labbra. Non esistevano i poveri, la droga era un vezzo innocuo. Trionfava la civiltà delle buone maniere, quelli di Fisciano, di Baronissi, di Castel S. Giorgio … ma anche quelli di Nocera, di Pagani e, perché no, di Salerno venivano a frotte a San Severino per respirare quest’aria fatta di sorrisi, di cortesia, di squisita accoglienza. Ogni angolo era pulito, nessuna busta di spazzatura in vista, nessun gatto saltava addosso a chi, con inavvedutezza, portava i rifiuti nei contenitori in strada, mai colmi, sempre puliti, igienizzati. La gente mostrava un culto per i propri cari passati ad altra vita direttamente proporzionale alla bellezza, alla pulizia, alla salubrità dell’aria che si respirava nel civico cimitero di Costa. Il corso del Capoluogo era un bijiou, le frazioni avevano tutti i servizi di cui bisognano le comunità locali. Il commercio era florido, il mercato del sabato un fiore all’occhiello. Niente auto sui marciapiedi, niente soste in seconda fila. Strade pulite, illuminate a giorno fin nel più recondito angolo della periferia del territorio comunale. Nessuna appropriazione indebita, nessun scandalo edilizio, ogni licenza elargita nel pieno rispetto della Legge solamente a chi dimostrava di avere i requisiti previsti. Inutile dire che la disoccupazione era ai livelli di prefisso telefonico. La macchina Comunale, gli uffici, il Corpo dei Vigili urbani … uno spettacolo di funzionalità, di puntualità, di disponibilità. Mai nessun assenteista o furbetto del cartellino. I rappresentanti eletti dal popolo, Sindaco, Assessori, Consiglieri brillavano di idee, di progetti, di lungimiranza e disponibilità. La loro azione era tutta qualità e cultura. La dialettica politica era un vanto: a quell’epoca c’era una totale libertà di espressione, l’opposizione era rispettata e faceva politica assolutamente indisturbata. La maggioranza al potere decideva dopo aver consultato la base popolare, mai uno scandalo, mai un abuso di potere, mai un favoritismo. La fantasia era davvero al potere. Meritocrazia ed equità erano le parole d’ordine che affioravano sulle labbra di tutti e tutti le avevano messe a base del proprio modus vivendi. La sede municipale era di cristallo trasparente. Ognuno dall’esterno poteva vedere un irrefrenabile brulichio di funzionari, impiegati, addetti … tutti pieni di energia, tutti intenti a dare risposte esaustive e rassicuranti al cittadino. Il terremoto dell’80 non aveva lasciato nessun segno. A San Severino, no! Tutti, nel breve volgere di qualche mese da quella disgraziata domenica di novembre, potettero rientrare in case vere senza batter ciglio, senza essere costretti a “morire” dentro ghetti fatiscenti di case di cartone per decenni. I soccorsi, immediatamente dopo la scossa di terremoto, si caratterizzarono da subito per puntualità, solidarietà, efficienza e chiaroveggenza.
Insomma … era un paese bellissimo, San Severino, prima del ’95. Un Eden.

Poi arrivò lui, Giovanni Romano, figlio del custode del Mattatoio Comunale, alias Macello.
Di Destra.
Le condizioni per il ritorno del degrado, del declino, alzarono la cresta fin dal giorno dopo, sia pur sotto traccia. Non poteva essere altrimenti. I costumi si debosciarono, la cultura diventò vapore acqueo, i cittadini diventarono sudditi, la barbarie trionfò nei pubblici uffici ed anche nei rapporti privati, nacquero associazioni camorristiche di tutti i tipi, la gente iniziò a considerare la possibilità di suicidarsi, esplose la lotta tra bande, l’evasione fiscale, l’aumento del carovita. Un paese civile, all’avanguardia, esemplare diventò barbaro ed egoista. La gente cominciò a rubare, a prostituirsi per poter arrivare alla fine del mese. I sudditi, quando assistevano alle riunioni di Consiglio Comunale, iniziarono a fare la gara di rutti, mentre durante le feste patronali ci si divertiva a chi faceva più peti; i libri sostituirono la legna per appiccare il fuoco per riscaldarsi e le biblioteche vennero razziate proprio per questo nobile motivo. La gente smise di pensare ed iniziò a farsi soltanto i porci comodi, le baldracche, il lifting e i tatuaggi. E, poi, tutti più cupi, più depressi, con le unghie nere. Le donne iniziarono a mettere su ciccia perché non poterono più permettersi la palestra. Smisero di essere felici perché il primo requisito per esserlo è quello di curare la forma fisica. Sesso, con questi chiari di luna, neanche a parlarne. Il costo della vita raggiunse le stelle, la gente impoverita si tenne il telefonino che aveva per decenni. I computer divennero ben presto obsoleti e le auto rimasero ferme per le pompe prosciugate. Si usciva di casa con mazze e catene per procurarsi un morso di cibo o per difendere quel poco rimasto dagli assalti di gente immiserita nella stessa identica situazione. Per strada c’era una puzza che non vi dico. D’altronde da uno di Destra che potevi aspettarti. Balle di immondizia dappertutto, topi che vi ballavano sopra festosi: mai vista tanta grazia! La donna tornò in casa segregata e subordinata al vile maschio. I figli oscillavano tra il teppismo di strada o le frustrate ad opera di padri autoritari che non vedevano l’ora di rifare capire chi in casa comandasse davvero. Il Castello dei Sanseverino iniziò a cadere a pezzi, perché Giovanni Romano era intento soltanto ad organizzare spedizioni punitive e a raccogliere firme per riaccendere le camere a gas. Fu ripristinato il Sabato fascista e per le strade, sempre più spesso, si intonava Giovinezza, Giovinezza. Il fez diventò il capo d’abbigliamento più venduto. Ora, al buio, con i morsi della fame e prossimi ad uno stato bestialcavernicolo … aspettiamo impazienti l’arrivo dei buoni, quelli che -ovviamente- riporteranno San Severino agli … antichi splendori al grido di ... andiamoci a riprendere la democrazia.
In che mani!

Ad maiora.

Felice Pironti




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